NELLA DOMENICA DEL VANGELO DELLE DIECI VERGINI
L’affresco catechetico della Abbazia di Summaga
“Il regno dei cieli è simile a dieci vergini che, prese le loro lampade, uscirono incontro allo sposo. Cinque di esse erano stolte e cinque sagge; le stolte presero le lampade, ma non presero con sé l’olio; le sagge invece, insieme alle lampade, presero anche dell’olio in piccoli vasi. Poiché lo sposo tardava, si assopirono tutte e dormirono. A mezzanotte si levò un grido: Ecco lo sposo, andategli incontro! Allora tutte quelle vergini si destarono e prepararono le loro lampade. E le stolte dissero alle sagge: Dateci del vostro olio, perché le nostre lampade si spengono. Ma le sagge risposero: No, che non abbia a mancare per noi e per voi; andate piuttosto dai venditori e compratevene. Ora, mentre quelle andavano per comprare l’olio, arrivò lo sposo e le vergini che erano pronte entrarono con lui alle nozze, e la porta fu chiusa. Più tardi arrivarono anche le altre vergini e incominciarono a dire: Signore, signore, aprici! Ma egli rispose: in verità vi dico: non vi conosco. Vegliate dunque, perché non sapete né il giorno né l’ora”. (Vangelo di Matteo, 25, 1-13)
La parabola è divisa in due scene da una finestrella del ’200 e sono come inscatolate in due rettangoli.
A sinistra vi sono le vergini sagge, vestite modestamente, indossano la dalmatica ed il velo e con la mano destra sorreggono l’ampolla piena d’olio, con la sinistra la lampada. L’aureola che le incorona ci dice che le vergini sagge sono già “sante”. Esse sono accolte da Cristo che appare davanti ad un edificio stilizzato. Sopra di esse un’iscrizione: “Venite, vi faccio entrare”.
A destra Cristo non è stato raffigurato. L’artista ha dipinto solo la sua mano che allontana le vergini stolte: esse indossano vesti lussuose con ampi mantelli di ermellino mentre una veste attillata modella il loro corpo. Esse hanno un’ampolla riversa dalla quale non esce nulla. Anche qui un’iscrizione: “avete dimenticato l’olio per le lucerne”.
L’invito dell’affresco, della parabola, è quello di farsi trovare pronti nell’attesa della venuta del Signore. Ed il Signore accoglie quelli che si faranno trovare pronti nella sua città, la Gerusalemme Celeste, simbolicamente rappresentata con le fattezze delle città che in quel periodo, con i Comuni e più ancora con le Signorie, stavano sorgendo nella penisola con le caratteristiche mura, torri, abitazioni (Da “Abbazia di Santa Maria Maggiore Summaga, guida storico-artistica”, p.52).
L’affresco della parabola del Vangelo di Matteo delle dieci vergini, cinque sagge e cinque stolte, occupa la parte inferiore dell’abside centrale della chiesa abbaziale di Summaga. La rappresentazione prospetta un grande disegno teologico e catechistico: in alto esalta la Madonna, Madre di Dio, con il Figlio in braccio, all’interno di una mandorla di colore rosso, tra angeli, profeti ed evangelisti; il centro è dedica o a Cristo ed ai Dodici Apostoli, raffigurati in archetti impostati su agili colonnine; in basso è narrata la parabola escatologica sulla vigilanza, con le vergini sagge e stolte, in attesa dello Sposo, ma con un diverso atteggiamento. L’autore si firma nell’iscrizione sotto la finestrella come “Venetianus Johannes” (Giovanni Veneziano), interprete dei modelli artistici di Venezia in terra del Patriarcato di Aquileia. Il periodo è da individuare nella prima metà del Duecento, dopo il 1211, molto probabilmente tra il 1220 ed 1230. L’artista realizzò anche gli affreschi dell’abside laterale sinistra, dedicati a San Giovanni Evangelista. Durante il recente restauro
eseguito tra il 2009 ed il 2010 dalla pordenonese Anna Comoretto, sotto la direzione di Luca Majoli, ispettore della Soprintendenza per i Beni Storici Artistici per le province di Venezia, Belluno, Padova e Treviso, furono eseguite approfondite analisi sui materiali usati dal pittore rilevando l’uso di lapislazzuli, pietra molto costosa di provenienza orientale: segno della qualità sia dell’artista sia della committenza; inoltre la preparazione di base dell’intonaco per gli affreschi risultò molto accurata, più simile a quella delle tavole dipinte o delle pergamene miniate.
Articolo tratto da “IL POPOLO” 8 Nov. Autore: Antonio Martin